Se vi chiedessi qual è al cosa che vi rende più felici al mondo, cosa rispondereste? Questa mattina, mentre mi preparavo la colazione con una bella ciotola di yogurt greco, frutta fresca e mandorle, ho riflettuto sul significato della parola piacere. Non ci sono dubbi: una delle mie principali fonti di gioia è rappresentata dal cibo. Sceglierlo con attenzione, lavorarlo con cura e prepararlo con amore nutrono il mio corpo di energia e la mia anima di estrema contentezza.
In yoga, il concetto di “piacere”, “gioia” e “felicità” viene tradotto con la parola sanscrita sukha, che da il nome alla posizione conosciuta da tutti i praticanti di yoga e non: sukha-āsana, la posizione a gambe incrociate. In questo articolo voglio portavi alla scoperta di questa postura che viene definita “facile” e “piacevole”. Prima, però, vediamo più nel dettaglio il significato della parola piacere per lo yoga!
Sukhāsana tra piacere e attaccamento: la visione dello yoga
Abbiamo visto che in sanscrito la parola “piacere” si traduce con il termine sanscrito sukha. Il vocabolo è formato dal prefisso su, che significa “bene”, e il sostantivo kha (che, tra i vari significati, ha anche quello di “felicità”) ed è l’opposto di duhkha (dolore, sofferenza). Ma a dire la verità, nella visione dello yoga il piacere non si riveste di una connotazione totalmente positiva, dal momento che è considerato il principale responsabile dell’attaccamento (rāga) e, quindi, in ultima analisi, una fonte di sofferenza.
Come afferma Bhoja (Celebre re indiano della dinastia rajput dei Paramara) nel suo commento agli Yoga-sūtra di Patanjali (una raccolta di aforismi sullo yoga redatti da un filosofo probabilmente vissuto tra il II e il IV secolo d.C), infatti, “la fruizione degli oggetti non fa che accrescere progressivamente la bramosia, e la bramosia insoddisfatta è fonte di dolore”; inoltre, “nella fruizione di ciò che procura piacere è sempre insita l’avversione nei confronti di ciò che vi frappone ostacolo, e questo fa sì che anche in seno alle esperienze piacevoli si annidi un’angoscia irriducibile” (trad. di P. Magnone).
Inoltre, la Bhagavad-gītā (uno dei testi sacri più famosi dello yoga), distingue tre tipi di gioia (sāttvika, rājasa e tānasa), con riferimento ai tre guna (ovvero i costituenti della natura).
Insomma, anche secondo la visione dei pacifici yogin l’esperienza della vita sembrerebbe essere una fonte di continua sofferenza. Eppure, pare che nella pratica delle āsana (ovvero le diverse posizioni dello yoga) questa si annulli quasi completamente regalando al praticante uno stato di profonda beatitudine. Scopriamo come!
Sukha-āsana: l’asana deve essere stabile e comodo
“Sthira Sukham Asanam”, recitano gli Yoga Sutra, e cioè: l’asana deve essere “stabile” e “comodo”. Questa definizione caratterizza l’āsana come una pratica che influenza l’ambito psichico oltreché quello fisico; per entrare nella posizione, infatti, è richiesta una precisa condizione mentale e fisica ed è quindi necessaria una fase di preparazione. Durante questa fase, si deve raggiungere un rilassamento muscolare completo, un respiro profondo e regolare, associato a un battito cardiaco naturale simile alla condizione di riposo, e una completa attenzione della mente (non deve distrarsi, ma mantenersi ferma e concentrata sul respiro).
Ma come si arriva a queste condizioni di stabilità e completo benessere? Secondo Patanjali, attraverso il rilassamento dallo sforzo e l’immedesimazione con l’infinito. Avete presente Leopardi e la siepe e l’ermo colle? Ecco, è più o meno lo stesso concetto. Si tratta infatti di aspetti che non sono visualizzabili dall’esterno, ma che devono essere percepiti solo ed esclusivamente da colui che pratica. Vi sembra complicato? Non preoccupatevi, nel prossimo paragrafo scopriamo passo a passo come realizzare correttamente la postura di sukha-āsana, a partire dalla sua preparazione!
Sukha-āsana: la tecnica di esecuzione
Eccoci finalmente giunti al cuore di cuesto articolo, nonché all’esecuzione della posizione facile, sukha-āsana. Come abbiamo visto, si tratta di una posizione classica dello yoga che viene assunta soprattutto come punto di partenza per entrare in meditazione. Tuttavia, nonostante questa posizione sia conosciuta come “posizione facile”, per alcune persone questa postura potrebbe risultare difficile o addirittura “scomoda”. Questo perché tenere le gambe incrociate a lungo, soprattutto per chi non è abituato o è agli inizi della pratica, potrebbe causare formicolii, tensioni alla colonna o fastidi alle ginocchia. Ecco perché è importante rendere la posizione il più confortevole possibile grazie all’ausilio di cuscini o mattoncini.
Detto questo, come abbiamo già detto, per non incorrere in nessun tipo di problema, è sempre consigliabile essere affiancati da un’insegnante di yoga (iscriviti alle mie lezioni qui). Nel frattempo, però, vediamo passo a passo tutti i passaggi per eseguire questa postura:
- Sedetevi sul tappetino e allungate le gambe davanti a voi. Rilassatevi.
- Concentratevi sulla colonna vertebrale e fate in modo che sia ben eretta.
- A questo punto, aprite bene i glutei, quindi piegate le gambe e collocate ciascun piede sotto il ginocchio opposto.
- Posizionate le mani sopra le ginocchia con i palmi rivolti verso l’alto, verso il basso, o assumendo un mudra come per esempio chin-mudra (pollice e indice a contatto, alunare medio e mignolo tesi).
- Cercate ora il vostro punto fermo: muovetevi leggermente con il torace in avanti e all’indietro, a destra e a sinistra fino a trovare il vostro centro.
- Allungate bene la colonnna vertebrale e allineatela con collo e testa, quindi rilassate le spalle.
- Respirate in modo rilasso, chiudete gli occhi, e ascoltate il vostro respiro in sukha-āsana.
Suggerimenti:
- Se doveste avvertire fastidio alle gambe o formicolii, sciogliete l’incrocio e restate per qualche minuto con le gambe allungate in avanti. Quindi riprendete la posizione.
- Ad ogni espirazione, cercate di rilassare il corpo sempre di più: lasciate andare tutte le tensioni.
E per voi cosa significa la parola “felicità”? Sareste curiosi di provare a praticare sukha-āsana?
Fonti:
Enciclopedia dello Yoga, Stefano Piano, Ed. Magnanelli, 1996, Torino.